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La galassia più lontana

Qual’è la galassia più lontana da noi? La più lontana da noi si trova a ben 13,4 miliardi di anni luce dal nostro pianeta Terra. Gli astronomi hanno usato il potere combinato di vari osservatori astronomici di tutto il mondo e per scoprire un tesoro di antiche galassie sconosciute fino ad ora. Questa è la prima scoperta multipla unica nel suo genere di una tale abbondanza di questo tipo di galassie. Una scoperta che sfida gli attuali modelli dell’universo. Queste galassie sono anche intimamente collegate ai buchi neri supermassicci e alla distribuzione della materia oscura.

Telescopio spaziale Hubble
Telescopio spaziale Hubble

Il telescopio spaziale Hubble ci ha dato un accesso senza precedenti all’universo come non si era mai visto prima. Gli astronomi dell’Istituto di Astronomia dell’Università di Tokyo volevano vedere alcune cose che sospettavano da tempo che potevano esistere in altre galassie. Ma il telescopio spaziale Hubble da solo, non poteva mostrarle. Le nuove generazioni di osservatori astronomici hanno finalmente rivelato ciò che cercavano da tempo gli astronomi.

La galassia più lontana

Questa è la prima volta che un così grande numero di enormi galassie è stato confermato durante i primi due miliardi di anni di vita dell’universo. Il nostro universo ha un età datata di ben 13,7 miliardi di anni. Questa scoperta è però in contrasto con i modelli attuali per quel periodo di evoluzione cosmica. Scoperte che ci aiuteranno con l’aggiunta di alcuni dettagli che finora mancavano.

Ma perché queste galassie erano praticamente invisibili? La luce di queste galassie è molto debole con lunghe lunghezze d’onda invisibili ai nostri occhi e non rilevabili dal telescopio astronomico Hubble. Anche se queste galassie erano le più grandi del loro tempo, la luce da esse emesse non è solo debole, ma anche allungata a causa della loro immensa distanza.

Man mano che l’universo si espande, la luce che gli passa attraverso viene allungata, quindi, la luce visibile diventa più lunga, diventando infine infrarossa. La quantità di allungamento consente agli astronomi di calcolare quanto è distante una galassia, il che dice anche da quanto tempo la luce che si sta vedendo è stata emessa.

Un altro motivo per cui queste galassie emettono una luce così debole è perché sono più grandi, anche ai giorni nostri, tendono ad essere avvolte nella polvere cosmica, il che le oscura di più di altre galassie più piccole.

Scoperte enormi galassie lontane

Più una galassia è grande, più sarà enorme il buco nero supermassiccio nel suo cuore. Quindi, lo studio di queste galassie e la loro evoluzione ci diranno di più sull’evoluzione dei buchi neri supermassicci. Le galassie massicce sono anche intimamente connesse con la distribuzione di materia oscura invisibile. Un ruolo nel modellare la struttura e la distribuzione delle galassie. Tutte queste 39 galassie, sono completamente diverse dalle nostre.

Scoperta la galassia più lontana
Scoperta la galassia più lontana

Se il nostro sistema solare fosse all’interno di uno di essi e guardassi il cielo in una notte limpida, vedresti qualcosa di completamente diverso dal modello familiare della nostra Via Lattea. Per prima cosa, il cielo notturno sembrerebbe molto più maestoso. La maggiore densità di stelle significa che ci sarebbero molte più stelle vicine apparendo più grandi e più luminose.

Ma al contrario, la grande quantità di polvere cosmica significa che le stelle più lontane sarebbero molto meno visibili, quindi, lo sfondo di queste stelle vicine e luminose potrebbero far risultare un vasto vuoto oscuro. Dato che questa è la prima volta che un tale numero di galassie è stato scoperto, gli attuali studi su di loro sono soltanto all’inizio.

Potrebbero esserci ancora molte altre sorprese negli anni a venire durante lo studio di queste lontane galassie. Sono gigantesche e sono invisibili nelle lunghezze d’onda ottiche, quindi, è estremamente difficile eseguire la spettroscopia. Un sistema per indagare sulle popolazioni stellari e sulla composizione chimica delle galassie.

Fonte: Università di Tokyo.

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